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Ho avuto un cane per 17 anni. Era un meticcio femmina che ci ha lasciati quando le mie bambine erano piccole. Ho atteso un po’ prima di prendere un nuovo cane perché non avrei avuto la possibilità di dedicarmi con assiduità alle sue cure. Appena le bambine sono diventate più autonome ci hanno regalato questo cucciolo di labrador femmina, al quale abbiamo scelto di dare lo stesso nome del precedente: Flash. All’età di 3 mesi ha visto il mare per la prima volta. Si è avvicinata alla riva incuriosita, ha dato una rapida annusatina e splash, si è tuffata in acqua dirigendosi verso il largo.

Dopo 10 minuti l'ho tirata fuori con il guinzaglio e così ho dovuto fare tutte le volte successive per convincerla ad uscire dall’acqua. Questo mi ha creato non pochi problemi alle prove per diventare unità cinofila di salvataggio nautico: si lanciava in acqua in qualsiasi circostanza e mi seguiva con sicurezza a grande distanza dalla riva, effettuava perfettamente tutti i movimenti richiesti per il salvataggio di un pericolante, ma era molto reticente a rispondere al comando di ritorno. Anzi, appena sentiva il comando “riva” per cui realizzava che doveva uscire dall’acqua, si ribellava ed eseguiva manovre per dirigersi in direzione esattamente opposta alla riva. Oggi è un cane addestrato e naturalmente va a riva con decisione quando glielo chiedo, ma dalle sue reazioni mi sembra di leggere ancora segnali di disappunto. Dal 2017 ho brevettato anche Lucy, un'altra femmina di labrador nata nel dicembre del 2014.

Mi sono avvicinato alla scuola di salvataggio con molta discrezione, ma mi sono subito entusiasmato impegnandomi con continuità nella fase addestrativa. Ho ricominciato a nuotare, il che è mi ha consentito anche di raggiungere una buona forma fisica, nonostante l’età. Ho eseguito a casa con grande scrupolo tutti gli esercizi che mi venivano assegnati dagli istruttori e sono riuscito a raggiungere il brevetto in soli 9 mesi.

Cosa si prova ad essere una Unità Cinofila di Salvataggio Nautico? Naturalmente ognuno di noi UC nutre sentimenti diversi, ma è chiaro che se lo facciamo tutti abbiamo un ritorno emotivo molto positivo. Vi sono cose molto piacevoli perché ti danno una certa visibilità e ti confermano l’importanza del ruolo, anche se non sono il target finale di una UC. Andare in televisione in alta uniforme, catalizzare l’attenzione della gente sulle spiagge, lanciarsi da un elicottero o da una motovedetta sono sicuramente eventi molto gratificanti e non c’è nulla di male a dare libero spazio alla propria dimensione edonica se questo non è lesivo per terzi; peraltro ci facciamo anche un sacco di risate. Bisogna solo fare attenzione a non mostrarsi eccessivamente entusiasti della propria missione e a non cercare gratificazioni continue, perché persone che non ti conoscono bene, o che non sono mentalmente attrezzate per cogliere il giusto senso delle cose, possono scambiare il tuo l’entusiasmo per fanatismo. Comunque, tutte le attività collaterali oltre a formarti in maniera positiva e addestrarti a lavorare nelle condizioni più disparate, ti danno anche maggiori motivazioni per impegnarti in maniera più seria ed efficace. Tuttavia, si tratta di cose tutto sommato marginali all’obiettivo principale della nostra formazione: l’attenta sorveglianza della sicurezza in mare. Solo l’attività operativa nei luoghi di balneazione, con le responsabilità che ne conseguono, ti da l’esatta percezione di quello che stai facendo e ti consente di entrare nella sfera della piena consapevolezza del tuo ruolo di volontario di protezione civile. Se poi il destino ti riserva anche il salvataggio qualche vita umana, allora raggiungi il culmine della realizzazione del tuo lavoro.